Di Fabio Dominici, Giuseppe Fornari.

Gli Autori svolgono alcune riflessioni attorno alla possibilità, per gli Enti territoriali e
per le Agenzie Fiscali, di transigere crediti derivanti da tributi locali mediante gli
istituti dell’accordo di ristrutturazione dei debiti ex art. 57 CCII (già art. 182-bis l.
fall) e/o della transazione fiscale ex art. 63 CCII (già art. 182-ter l. fall).

SOMMARIO: 1. Il tema oggetto di indagine – 2. L’applicabilità degli accordi ex art. 57 CCII – 3.
L’applicabilità della transazione fiscale ex art. 63 CCII – 4. Conclusioni
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Focus di Fabio Dominici , Giuseppe Fornari

1. Il tema oggetto di indagine
Il presente lavoro si pone la finalità di offrire un approfondimento rispetto alla questione, per il vero poco
esplorata, del trattamento dei debiti nei confronti degli Enti locali a titolo di IMU, TASI, TARI ed altri tributi
locali e, in particolare, in ordine alla possibilità che tali posizioni debitorie possano formare oggetto di
“transazione” attraverso l’istituto dell’accordo di ristrutturazione dei debiti ex art. 57 CCII (già art. 182-
bis l. fall) e/o attraverso l’istituto della transazione fiscale ex art. 63 CCII (già art. 182-ter l. fall); gli Enti
locali, infatti, hanno sovente interpretato la (pre)vigente disciplina normativa nel senso della impossibilità di
aderire ad accordi e/o a proposte di transazione fiscale, esigendo conseguentemente il pagamento integrale
dei crediti vantati.
Si tratta, quindi, di verificare la correttezza o meno di tale impostazione.
In via preliminare, giova evidenziare che, con l’entrata in vigore del nuovo Codice della Crisi, la disciplina
dei due istituti non è stata sostanzialmente modificata rispetto a quella contenuta nella previgente Legge
Fallimentare. In particolare, nessuna specificazione è stata introdotta in ordine alla applicabilità degli
accordi di ristrutturazione dei debiti e della transazione fiscale ai crediti vantati dagli Enti locali; le
problematiche e le criticità applicative sorte in vigenza della vecchia disciplina, quindi, sono purtroppo
destinate a replicarsi anche in vigenza del nuovo Codice.

2. L’applicabilità degli accordi ex art. 57 CCII
Muovendo la disamina dall’istituto dell’accordo di ristrutturazione dei debiti, il principale ostacolo che in
concreto ne ha frenato l’applicazione è rappresentato dalla comprensibile resistenza dei funzionari degli enti
di fronte al timore di una possibile responsabilità contabile, connessa al principio della indisponibilità della
pretesa tributaria e dell’ovvia incidenza di un eventuale stralcio sul bilancio dell’Ente in termini di riduzione
delle entrate.
Si è già detto, infatti, che anche il vigente quadro normativo non contiene alcuna specifica previsione al
riguardo, e fino a poco tempo fa anche il panorama giurisprudenziale non forniva che una sola pronuncia,
forse troppo poco per indurre i responsabili degli enti ad un così radicale cambio di passo.
Ci si riferisce alla pronuncia resa dalla Corte dei Conti Sezione Regionale di Controllo per la Toscana
nella deliberazione del 15 giugno 21, a seguito dell’interpello presentato da un Comune, avente ad oggetto
proprio l’astratta possibilità dell’Ente di aderire ad un Accordo di Ristrutturazione dei debiti.
In tale occasione la Corte, dopo aver analizzato l’ambito di applicazione della transazione fiscale anche ai
crediti degli Enti locali -argomento che sarà trattato nel prosieguo- ha avuto cura di indagare la transigibilità
dei crediti, tributari e non, estranei all’ambito dell’istituto di cui all’art. 182-ter l. fall, oggi art. 63 CCII.
La Corte ha, quindi, preso le mosse dalla disamina della ratio della normativa, osservando come la stessa
sia espressione di un favor nei confronti dell’impresa in crisi, la salvaguardia della cui attività commerciale
rappresenta il fine principale del sistema normativo in esame, per giungere a disattendere la tesi più
restrittiva proposta dalla dottrina, secondo la quale: i) non sarebbe possibile la falcidia dei tributi al di fuori
dell’istituto della transazione fiscale, e ii) sarebbe, quindi, in tali casi necessario un pagamento integrale.
Tale conclusione, ha proseguito la Corte “appare estremamente rigida e contraria anche alla ratio degli
istituti previsti dalla legge fallimentare…. Come ha osservato attenta dottrina, l’art. 182-ter l. fall ha previsto
che se il credito è assistito da privilegio, la percentuale di soddisfacimento, i tempi di pagamento e le
eventuali garanzie (offerte dal debitore) non possono essere inferiori a quelle offerte (dal debitore) ai creditori
che hanno un grado di privilegio inferiore. Nel caso di specie, il credito dell’ente locale è assistito da
privilegio postergato rispetto ai tributi erariali, motivo per cui questi non potrebbero avere un trattamento
deteriore rispetto al primo che, secondo l’interpretazione restrittiva, dovrebbe trovare integrale
soddisfacimento. Lo stesso soddisfacimento che, a questo punto, sulla base dell’inciso normativo ricordato,
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dovrebbe spettare al credito erariale, con conseguente esclusione della transazione fiscale. Appare più
aderente alle finalità perseguite dagli istituti in esame l’interpretazione per la quale, al di fuori della
transazione fiscale, i crediti (non solo fiscali) riferiti agli enti locali possano comunque essere oggetto di
accordo “transattivo” (con riduzione dell’ammontare del debito, dilazione di pagamento, ecc.), così come
previsto per tutti gli altri crediti nell’ambito del concordato preventivo o dell’accordo di ristrutturazione.
Proprio quest’ultimo, pertanto, potrà essere lo strumento a cui l’imprenditore può ricorrere per attenuare la
pressione dei tributi e dei crediti degli enti locali, nei modi previsti dall’art. 182-bis”.
In tale scenario è di recente sopraggiunta la pronuncia resa dalla Corte dei Conti Sezione Regionale di
Controllo per l’Umbria nella deliberazione del 13 luglio 2022 (v. doc. allegato) la quale ha integralmente
confermato l’impostazione della Corte Toscana, riaffermando la pacifica possibilità dell’Ente locale di
aderire ad Accordi di Ristrutturazione dei debiti.
Sulla scorta delle considerazioni che precedono e attraverso un’interpretazione sistematica e orientata del
vigente assetto normativo, che sostanzialmente non è mutato rispetto alla pre-vigente Legge fallimentare,
sembra potersi concludere che i crediti vantati dagli enti locali debbano necessariamente poter disporre, al
pari di quelli erariali, di efficaci strumenti – quali l’accordo di ristrutturazione dei debiti – da utilizzare caso
per caso al fine di conseguire un pagamento anche parziale, ma in ogni caso superiore a quello ricavabile in
caso di apertura di una procedura liquidatoria.
Ciò anche alla luce di quanto conclusivamente precisato nella deliberazione della Corte dei Conti da ultimo
citata: “Da sottolineare, infine, come l’eventuale accordo con il debitore per la ristrutturazione dei debiti, ai
sensi dell’art. 182-bis, corrisponda ad una attività della Pubblica Amministrazione vincolata all’interesse
pubblico e che trova espressione nella convenienza dell’accordo, rispetto all’alternativa liquidatoria o ad
altre possibili soluzioni”.
Impostazione che si pone agli antipodi dell’ormai obsoleto principio della indisponibilità della pretesa
tributaria e che dovrà necessariamente condurre ad una completa rivisitazione del temuto concetto di
danno erariale, potendo lo stesso configurarsi a carico dei Funzionari dell’Ente anche nell’ipotesi di
mancata adesione ad un Piano di ristrutturazione che consentirebbe all’Ente di incamerare risorse altrimenti
non monetizzabili.
La possibilità di transigere il credito, infatti, non deve essere guardata soltanto dalla prospettiva del debitore,
che ovviamente ha tutto l’interesse ad addivenire ad una soluzione negoziale che consenta la riduzione del
debito, ma anche da quella del creditore che, attraverso il perfezionamento di una transazione con il
debitore, ha la possibilità di incassare somme ben superiori rispetto a quelle che ricaverebbe a seguito del
default del debitore medesimo.

3. L’applicabilità della transazione fiscale ex art. 63 CCII
Chiarito quanto precede in ordine all’accordo di ristrutturazione dei debiti, merita svolgere
qualche approfondimento anche in ordine alla applicabilità dell’istituto della transazione fiscale e
all’esatto ambito di applicazione della stessa.
Il dubbio nasce dalla (invero) infelice e non chiara formulazione della norma contenuta nell’art. 182-ter l.
fall (ora art. 63 CCII) laddove viene previsto che “… il debitore può … proporre il pagamento parziale o anche
dilazionato, dei tributi e dei relativi accessori amministrati dalle agenzie fiscali… se il Piano ne prevede la
soddisfazione in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale, sul
ricavato in caso di liquidazione…” ovvero, nella nuova formulazione della norma di riferimento (art. 63 CCII):
“… in tali casi, l’attestazione del professionista indipendente …deve inerire anche alla convenienza del
trattamento proposto rispetto alla liquidazione giudiziale”.
Entrambe le deliberazioni sopra citate hanno riaffermato la pacifica applicabilità della transazione fiscale
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anche ai tributi degli Enti locali, nei casi in cui gli stessi vengano amministrati dalle Agenzie Fiscali in forza
di una specifica convenzione tra l’Ente e l’Agenzia stessa.
Ma, viene da chiedersi, soddisfa tale condizione anche l’ipotesi in cui il Comune – come nel caso sottoposto
alla Corte dell’Umbria – abbia affidato all’Agenzia Fiscale la sola fase di riscossione del tributo, stipulando
all’uopo specifica convenzione?
Il riferimento alle “agenzie fiscali” conduce ad esaminare il disposto dell’art. 57 D.Lgs. 300/1999 il quale,
dopo aver istituito al primo comma le “agenzie fiscali”, prevede al secondo comma che “le regioni e gli enti
locali possono attribuire alle agenzie fiscali, in tutto o in parte, la gestione delle funzioni ad esse spettanti,
regolando con autonome convenzioni le modalità di svolgimento dei compiti e gli obblighi che ne
conseguono”.
Orbene non può essere revocato in dubbio che Agenzia Entrate Riscossione sia una “Agenzia Fiscale”
istituita con legge … con la specifica finalità di attendere alla riscossione di tutti i tributi erariali, e previa
stipula di apposita convenzione, anche dei tributi locali.
Ne consegue che ove gli enti locali affidino all’agenzia delle entrate riscossione la gestione della riscossione
dei propri tributi, stipulando apposita convenzione, risulta soddisfatto il requisito di cui al secondo
comma dell’art. 57 D.Lgs. 300/1999; ciò anche in considerazione del fatto che lo stesso prevede
espressamente la possibilità di affidare alle agenzie fiscali anche soltanto una parte, ovvero una fase, della
gestione dei tributi. Sotto tale profilo, quindi, la fattispecie sembrerebbe rientrare nel perimetro delineato
dall’art. 63 CCII.
Anzi, a ben vedere, il generico riferimento del legislatore ai “tributi amministrati dalle agenzie fiscali”
testimonia proprio, la volontà di utilizzo di una formula aperta e residuale, al fine di ampliare quanto più
possibile la portata e l’ambito applicativo dell’intervento normativo.
Le considerazioni che precedono trovano il conforto del decreto del Tribunale di Pistoia del 16 marzo
2022, il quale muovendo dal presupposto di una pacifica applicazione dell’art. 182-ter l. fallai tributi locali,
estende la possibilità di applicare anche a questi ultimi la novella legislativa contenuta nell’art. 180 c. 4 l. fall.,
il quale prevede la possibilità per il Tribunale – al ricorrere delle condizioni e dei presupposti di legge – di
omologare concordati preventivi pur in assenza di adesione da parte dell’Amministrazione Finanziaria,
estendendo la nozione di “Amministrazione Finanziaria” anche agli “Enti locali”, così argomentando: “… così
riassunti il contesto di riferimento e la ratio della decisione pare al Tribunale che il legislatore con il termine
“amministrazione finanziaria” abbia voluto riferirsi non solo ai crediti propriamente erariali, ma in genere
a tutti i crediti amministrati dalle agenzie fiscali e segnatamente dalla Agenzia delle Entrate Riscossione.
Come è noto l’Agenzia delle Entrate Riscossione, ente strumentale dell’Agenzia, esercita le funzioni
relativa alla riscossione nazionale (art. 1 D.L. 193/2016 conv. da L. 225/2016). Anche gli enti locali, tuttavia,
possono affidare la riscossione coattiva dei loro tributi ad Agenzia delle Entrate Riscossione (art. 1 c. 785 e
ss L. 160/2019 e, in precedenza, art. 2 D.L. n. 193 del 2016 conv. da L. 225/2016). L’Agenzia delle Entrate
Riscossione, ove incaricata della riscossione coattiva dei crediti degli enti locali, è tenuta ad esprimente il
voto anche con riferimento ai detti crediti ….. Posto che l’art. 180 c. 4 l. fall. mira a superare il mancato
assenso prestato dalle amministrazioni fiscali e previdenziali, appare preferibile l’interpretazione che
individui l’ambito di applicazione in ragione dell’ente incaricato della riscossione e deputato ad esprimere il
voto nel concordato preventivo. Tale interpretazione è coerente con la finalità della norma che, come sopra
detto, è quella di superare il veto talvolta immotivato di solito opposto dalle amministrazioni alle proposte di
concordato preventivo. Ne consegue che il mancato assenso alla proposta concordataria da parte della
Agenzia delle Entrate Riscossione, nel ricorrere delle altre condizioni richieste dall’art. 180 c. 4 l. fall.
consente l’omologazione del concordato, a prescindere dalla valutazione sulla natura dei crediti amministrati
dalla detta agenzia fiscale”.
Secondo il Tribunale di Pistoia, quindi, anche l’attribuzione della sola fase di riscossione alla competenza
dell’Agenzia Entrate Riscossione è idonea a legittimare l’applicazione dell’istituto della transazione
fiscale ex art. 63 CCII.
Anche la recente dottrina che si è occupata dell’argomento (Diana Burroni, Marco Gentile, “Agenzia delle
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Entrate tra adesione e cram down negli accordi di ristrutturazione dei debiti”, Il Fallimentarista del
6/7/2022), ritiene corretta la prospettata linea interpretativa, muovendo dal presupposto che l’agenzia
entrate riscossione sia un’agenzia fiscale e che, quindi, la transazione fiscale possa operare in relazione a
tutti i crediti dalla stessa amministrati.
Su posizioni contrapposte si colloca, invece, la citata deliberazione della Sezione Umbria della Corte dei
Conti, la quale dopo aver premesso che “.. anche i tributi locali, purché amministrati dalle Agenzie fiscali,
possono essere oggetto del trattamento dei crediti tributari, tenuto conto della rilevanza, ai fini applicativi di
legge, dell’aspetto gestionale e non della natura del tributo” e che “se l’art. 182-ter avesse voluto escludere
dalla transazione i tributi locali amministrati dalle Agenzie fiscali, lo avrebbe previsto espressamente” giunge
ad affermare, richiamando una deliberazione della Sezione Regionale di Controllo per il Piemonte, che “il
principio dell’indisponibilità dell’obbligazione tributaria risulta derogabile soltanto in forza di disposizioni di
legge eccezionali (come tali da interpretarsi restrittivamente), che, nel rispetto del principio di legalità e
operando un bilanciamento fra esigenze contrastanti, sacrificano gli interessi tutelati dagli articoli 53 e 97
della Costituzione, in favore di altri interessi, costituzionalmente garantiti, di rango pari o superiore”, con la
conclusione che detta deroga al principio della indisponibilità della pretesa tributaria “trova applicazione
per le sole fattispecie tassativamente previste, dunque per i soli tributi amministrati dalle Agenzie fiscali.”
La Corte, tuttavia, non chiarisce il significato dalla stessa attribuito al concetto di tributi “amministrati” dalle
Agenzie fiscali, dimostrando di non far ricadere in tale ambito la situazione in cui l’Ente locale affidi la
riscossione del tributo all’Agenzia delle Entrate Riscossione, introducendo anche una distinzione tra crediti
“gestiti” e “crediti amministrati” di non agevole interpretazione e di dubbia rilevanza, avuto riguardo alla
ratio della normativa vigente (e di quella preesistente).
Ci troviamo, dunque, al cospetto di una questione tutt’altro che chiara e definita, la cui soluzione non può
poggiare unicamente sulla interpretazione del concetto di “tributi amministrati” usata dal legislatore, non
certo nuovo ad espressioni volutamente generiche o talvolta non proprio precise.

4. Conclusioni
In sintesi, può -quindi- affermarsi che i crediti vantati dagli enti locali possano certamente formare oggetto di
ristrutturazione attraverso l’istituto dell’accordo di ristrutturazione, di cui all’art. 57 CCII.
I contributi dottrinali e giurisprudenziali che sopraggiungeranno chiariranno, invece, gli esatti confini di
applicabilità della transazione fiscale

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